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Il Bridge è più serio del Poker? Le differenze tra i due giochi e il caso Baroni

A parte il fatto di essere i giochi di carte più popolari del Novecento, bridge e poker hanno qualche altro aspetto in comune?

In entrambi è importante la tattica, anche se nel bridge è totalmente assente la componente aleatoria. E’ possibile utilizzare il mazzo di carte da poker per il bridge e viceversa? Certamente no, risponderanno i puristi dei due giochi dai rispettivi fronti.

La differenza sostanziale, spiega il sito Playingcardsandmore.com, consiste nella larghezza del mazzo (2 pollici e mezzo le carte da poker e 2,25 quelle da bridge). Sia nel poker che nel bridge, l’altezza delle carte è di 3 pollici e mezzo. La minore larghezza del mazzo da bridge è dovuta al fatto che un giocatore di bridge deve tenere in mano molte più carte rispetto a uno di poker“di conseguenza, le carte più strette sono maggiormente apprezzate dai giocatori di bridge” riporta il sito.

La storia di Irene Baroni: dal bridge al poker

Prima di affermarsi come pokerista, Irene Baroni ha avuto successo anche come giocatrice e insegnante di bridge, una passione che la giocatrice di Desenzano del Garda (Brescia) ha ereditato dai genitori (la madre Angiolisa Frati è arbitro nazionale e il padre Franco gioca nella nazionale italiana). Dopo le scuole superiori è stata la prima donna a militare nella Nazionale Open Under 25 di bridge (probabilmente non aveva moltissime rivali, essendo questa disciplina abbastanza inconsueta tra le ragazze di quell’età).

bridge

In un’intervista al sito Bridgeitalia.it la giocatrice ha reso nota la volontà di tornare al vecchio amore lasciando per sempre il Texas Hold’ em. “Dopo anni buoni, ho iniziato a non vincere più – ha dichiarato la campionessa -. A quel punto è facile scivolare: c’è chi, per cercare di recuperare, investe molti soldi e finisce per perdere molto più di quanto ha guadagnato. Quando sono rimasta senza sponsorizzazione, ho deciso di non rischiare soldi miei e quindi di smettere”.

Le room tagliano sui testimonial

La giovane bresciana ha spiegato che la vita dei pokeristi professionisti è resa sempre più difficile dal fatto che il livello medio dei giocatori si è molto alzato e che le piattaforme di gioco online sono attualmente molto più restìe ad assoldare testimonial. Fino a poco tempo fa questi ultimi venivano pagati per giocare online un certo numero di ore al giorno oppure per rappresentare una room durante un torneo dal vivo. Riguardo alla presenza di professionisti nei siti di poker online si potrebbe citare una domanda retorica posta dal dirigente dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli Francesco Rodano: giocheremmo una partita contro un campione di tennis sapendo che ci sono dei soldi in palio? Tornando a Irene Baroni, quest’ultima ha affermato di aver cominciato nel 2009 con il poker online “attratta dall’idea di fare soldi facili”.

Chi viene dal bridge ha una marcia in più

irene baroni poker

La giocatrice ha inoltre affermato di aver avuto una marcia in più come pokerista grazie alla sua conoscenza del bridge, che le ha permesso di prevedere meglio le azioni dell’avversario e di gestire con maggiore consavolezza lo stack (le fiches). Nel poker e nel bridge, ha precisato Irene Baroni, vengono tuttavia impiegate due strategie sostanzialmente opposte.

Nel primo si cerca di sfruttare a proprio favore gli errori di valutazione dell’avversario, senza far capire se si ha una mano forte o debole, anche attraverso il bluff. Con il bridge, invece, “devi giocare pensando che l’avversario non sbagli mai”.

Un lavoro più sicuro

Anche se nel poker si possono vincere premi molto più alti: “Chi riesce a fare del bridge una professione con la direzione, l’insegnamento o con ingaggi in qualche squadra, poi può contare su un introito molto più stabile e sicuro” ha spiegato la campionessa. Sempre riferendosi alle differenze tra i due giochi, la professionista ha anche spiegato che il poker è più veloce da imparare e che nel bridge la fortuna è praticamente assente.

torneo bridge

Pokeristi scialacquatori?

Riferendosi al valore relativo che può assumere il denaro per alcuni pokeristi, Irene Baroni ha raccontato di aver assistito fuori da un casinò a un’insolita partita “a bocce” tra un petroliere pakistano e il professionista Alessio Isaia, giocata con fiches da 5mila euro.

Pare però che la giovane bresciana abbia saputo rimanere con i piedi per terra: “Ho già messo da parte un sacco di so... cioè una piccola pensione se mi dovesse andare male tutto per poter tornare alla vita che facevo prima” ha riferito al giornalista Pif nel corso di una puntata del programma “Il Testimone” dedicata al mondo del poker.  Riguardo ai progetti in cantiere per la sua nuova vita, l’ex pokerista ha annunciato la volontà di riprendere l’insegnamento del bridge e di aprire un ristorante insieme al fidanzato Davide.

“Poker e bridge sono i giochi del ‘900”

Intervistato da Sally Feldman nel 2010 per Nex Humanist, David Parlett, autore di un libro sulla storia dei giochi di carte, ha introdotto il concetto di “supernove”, definendo con questa parola i giochi di carte che nel corso dei secoli hanno riscosso un successo planetario. Nel 16esimo secolo fu in auge piquet (picchetto), mentre nel 17esimo secolo divenne molto popolare il gioco ombre (dallo spagnolo hombre = uomo). Nel 18esimo e nel 19esimo secolo ebbero la meglio rispettivamente i tarocchi e whist.

storia bridge

Il 20esimo, infine, è il secolo di bridge, poker, gin rummy e canasta. La loro massiccia diffusione permise di uniformare le regole nei territori in cui venivano praticati. “Tra le ‘supernove’ di oggi, poker e bridge sono di gran lunga le più affascinanti – scrive la Feldman -. Impegnativi e complessi, constano entrambi di un ricco lessico altamente specializzato. Paragonato con il poker, il bridge non si gioca nei casinò e comparendo molto meno nei film, non ha nulla dell’alone glamour del poker. Lontano dal mondo dei truffatori e degli avventurieri, è associato maggiormente a colonnelli e feste signorili.

I personaggi di Agatha Christie giocavano a bridge, quelli di Raymond Chandler (giallista statunitense vissuto a cavallo tra Otto e Novecento ‘padre’ dell’investigatore Philip Marlowe, ndr), a poker. Nondimeno, il bridge è il più impegnativo e intellettuale, oltre che il gioco più disputato a livello internazionale. Ed è anche l’unico gioco di carte in cui caso e fortuna non contano”.

Che cosa significa giocare con il morto?

Con questa caratteristica espressione si definisce una partita con tre giocatori, nella quale vengono tuttavia distribuite quattro mani nel bridge, ma anche in altri giochi è una pratica molto comune per vari motivi.

Lo scopo di questo accorgimento è ottenere un numero maggiore di combinazioni con le carte. La quarta mano, quella del morto appunto, rimane inutilizzata e serve appunto per dare più possibilità ai tre giocatori al tavolo. Giocare con il morto non è una prerogativa solo del poker, infatti in altre tipologie di giochi di carte diverse dal poker la giocata del “morto” è molto diffusa e serve a rendere la partita più avvincente e divertente in quanto a volte consente ai giocatori eliminati di avere una chance in più per rientrare in gioco.

Tuttavia nel poker il morto ha una diversa funzionalità, scopriamola insieme.

Quattro è il numero perfetto

Una tesi largamente diffusa è che quattro è il numero perfetto di concorrenti per una partita a poker. Né troppi, né troppo pochi.

Un gioco a tre, al contrario, si rivela eccessivamente statico: ecco allora che entra in scena il morto, spesso per sostituire qualcuno che ha tirato un bidone all’ultimo, consentendo di salvare così la serata con gli amici. Anche se le carte del morto non vengono mai utilizzate né giocate da nessuno dei giocatori esse servono per incrementare le combinazioni (si spera vincenti) degli altri giocatori ed evitare che la partita duri troppo a lungo.

Il poker con il morto ricorda per certi versi la modalità sit out, prevista nei tornei per i giocatori che si assentano momentaneamente dal tavolo (in quest’ultimo caso, tuttavia, sono generalmente tenuti a pagare i bui e le mani vengono foldate).

 pollo poker
Cerca di non essere tu il pollo

Il ruolo del pollo, ovvero il giocatore scarso, consente ai giocatori più esperti di trarre vantaggio e avere più opportunità di portare a termine una mano vincente.

Tuttavia nonostante queste teorie dallo stile molto vecchia scuola si sta diffondendo sempre più il Texas hold'em in due, variante meglio conosciuta come heads-up, dove appunto i giocatori che si sfidano al tavolo sono solo due. In questa modalità di gioco molte delle regole e delle strategie comuni del poker a quattro vengono stravolte, una fra tutte in un heads-up di Texas hold'em il bottone del dealer corrisponde al piccolo buio (small blind), mentre l'altro giocatore è il grande buio (big blind). E quindi c’è una grande differenza rispetto a quanto succede normalmente.

Inoltre l’heads-up è di recente diventato famoso grazie a PokerStars che ha diffuso sul web video di popolari duelli tra star del mondo dello sport e dello star system in generale come ad esempio Cristiano Ronaldo e Neymar Jr. Questi video, vuoi per la popolarità della sala poker online che per quella dei giocatori, hanno avvicinato molti utenti al poker con una maggiore predilezione appunto per l’heads up.

Una variante del tresette

Come detto prima in molti giochi di carte italiani tradizionali e popolari giocare con il morto è molto comune. Infatti il tresette, gioco di carte italiano per eccellenza, tra le sue numerose varianti ne prevede una “con il morto”.

In questo caso siedono attorno al tavolo una coppia e un singolo giocatore. Quest’ultimo riceve e gestisce due mani, la propria e quella del morto (le carte del morto rimangono scoperte e quindi visibili a tutti).

tressette col morto
Nessuna privacy per le carte del morto!

Anche il bridge prevede un ruolo importante per il morto. Nel contract bridge in particolare, gioco che viene praticato a coppie contrapposte, il ruolo del morto è svolto da un compagno che non gioca. Le sue carte vengono giocate dall’altro membro della coppia, colui che si aggiudica il contratto (contract in inglese) che dà il nome al gioco.

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